Lorenzo Spurio (Blog Letteratura e Cultura)

Il grido della terra di Fabio Clerici

Questo libro è un chiaro esempio di come la letteratura non debba e non possa essere meramente per diletto e volta all’intrattenimento, ma debba essere mossa da ragioni di carattere sociale e da un intento solidaristico che ha necessità di essere diffuso con attenzione e rispetto. Il libro di Fabio Clerici che il lettore si approssima a spaginare e a fruirne il contenuto è un resoconto di un “viaggio” un po’ particolare, particolare perché ha in sé solo un elemento tipico del viaggio, ossia quello dello spostamento fisico di una persona dal suo luogo originario. Non si parlerà di visite, fotografie e bisbocciate ma, al contrario, sarà una spedizione umanitaria spinta da un chiaro intento di aiuto, sostegno in una realtà drammatica dettata da Madre Natura. Si susseguono nel libro le descrizioni puntigliose con riferimenti ad orari, toponimi, durate, percorsi le vicende -trattate quasi in maniera cronachistica- come lo farebbe un reporter, un inviato sulla scena in questione, di un uomo che ha preso parte a una missione d’amore e di coraggio nei confronti dei suoi simili.

Il luogo dove si svolgono le vicende narrate è quello della zona emiliana attorno a Rovereto, Finale Emilia e Mirandola dove nel Maggio del 2012 la rabbia della natura scatenò una serie di scosse di importante magnitudo seminando morte, distruzione e abbattendo gli animi della gente: “Il disperato volo di due civette da un cornicione crollato, una folata di vento gelido che colpì alle spalle gli uomini in divisa e un violentissimo boato, furono il prologo di alcuni, interminabili secondi, ove la terra iniziò a sussultare, indietreggiando e avanzando“.

Nella narrazione, dove pure si sottolineano alcuni seri disagi che possono intercorrere in casi di dopo-sisma, come il bieco fenomeno dello sciacallaggio tra i ruderi delle case crollate e l’importanza e al contempo la pericolosità di mettere in salvo persone a mobilità ridotta, anziani e addirittura animali, il testo vira nella parte finale verso una ricerca delle cause, delle concause, come se l’autore voglia mettere sotto processo la natura. La natura che ci ha messo al mondo è benevola ed edenica, ma sa anche essere beffarda e irragionevole colpendo l’uomo alle spalle, lì nei piccoli borghi di provincia, di notte, come una tremenda sterminatrice che risucchia al suo interno per mezzo delle spaccature della terra. La possibilità che il sisma emiliano abbia potuto avere una correlazione con il poco noto fenomeno geologico di sfruttamento delle profondità terrestri da parte dell’uomo, denominato fracking, viene presa in considerazione.

Ma intorno a tanta desolazione, ai paesi spazzati via dall’onda d’urto, rimane la grande dignità del popolo che sa rimboccarsi le maniche e che vuole continuare a lavorare per un futuro: il protagonista assieme alla sua squadra (e a quelle di moltissime altre divisioni e dipartimenti giunte da tutta Italia) darà sostegno e protezione a rischio della propria vita e contribuirà ad inaugurare una nuova fase per la vita di quei luoghi che immancabilmente potrà iniziare solo con l’ordine di abbattimento degli edifici pericolanti.

Ci sarà la ricostruzione delle case e delle chiese e lentamente anche quella degli animi.

Nulla si dimenticherà e quelle ferite che la madre terra ha prodotto sugli edifici e sul terreno, dividendo l’unità e la coesione di cui sempre era stata figura, rimarranno nei cuori di chi ha vissuto quella tragedia. Ferite che non si rimargineranno mai come osserva una ragazza che ha vissuto sulla sua pelle il terrore di quel terremoto nelle lettere finali dove si susseguono frasi paurose e al contempo pregne di dolore in grado di far stringere il cuore al lettore tranquillo sulla sua poltrona mentre sta leggendo. Perché eventi come questi cambiano la vita e la prospettiva dell’uomo con il mondo: “Ritenetevi fortunati perché non collocate gli avvenimenti prima e dopo il terremoto […] Sorridete perché scrivendo su Google immagini il nome del vostro paese non usciranno foto di case crollate“.

L’esperienza di Fabio Clerici ci è utile per avere una prospettiva diversa sulle gravi condizioni di un dopo-terremoto, su uno scenario simile all’apocalittico The Waste Land di T.S. Eliot. Ma non si tenderà al nulla, alla vanificazione di tutto e alla pietrificazione della disperazione: dal misto di sangue, sudore, calcina, acqua, fango, dolore e terrore, ci si incamminerà verso una ricostruzione che, come tutte le ricostruzioni, non sarà facile né lenta. Di certo Fabio Clerici con questa opera consente di aggiungere un mattone in più in quel processo di riedificazione materiale delle città distrutte e contribuisce con un tiepido conforto a sostenere coscienze sopraffatte dalla tragedia.