Hugo Salvatore Esposito (Maggio 2012)

La poetica di Fabio Clerici

Che esista un rapporto ineludibile tra la scrittura e i luoghi vissuti e ammirati è evidenziato dagli incipit, soprattutto quello iniziale di Goethe (“Sono i viaggi la migliore formazione dell’essere umano intelligente.”) che annunciano l’esercizio poetico. Leggendo le storie, le descrizioni dei luoghi visitati, le riflessioni e gustando i versi, contenuti nel libro – “Il senso del viaggio” – del poeta Fabio Clerici, il lettore, preso da un irresistibile desiderio d’intraprendere insieme all’autore un’esperienza di viaggio, certamente per conoscere i luoghi meravigliosi visitati, nell’andare verso la meta, scoprirà altresì un moto intenso dell’animo e quell’anelito, spesso non ascoltato o trascurato, di dialogare con il proprio “abitatore interiore” e riconducendo la mente in quella casa segreta soltanto nostra e non scrutabile da nessuno, che siamo soliti chiamare interiorità.
Ora, considerando che l’autore è un autentico viaggiatore e ha visitato tanti luoghi, prima di analizzare la sua poetica, proprio per esaltare il suo “viaggiare nei sensi”, è necessaria una breve riflessione sulla “particolarità del luogo”, inteso come “luogo” meraviglioso (e per alcuni sacro), dove osservare e certamente contemplare la bellezza della natura nelle sue forme e sfumature, ma nel quale percepire con tutti i sensi, l’intensità e l’energia, i suoni e i colori, il particolare linguaggio e tutta quell’atmosfera di magia e di mistero che, istante per istante, si rivela all’attento e sensibile osservatore. Thomas Moore afferma:
Il nostro tempo ha la tendenza ad annacquare i particolari della vita in generalizzazioni o astrazioni, le quali però non hanno una gran voce interiore perché nessuno le abita … nessuna scintilla e nessuna perla, nessun volto e nessuna voce. Facciamo lo stesso con i luoghi: dimentichiamo che una località ha il suo personale carattere e la trasformiamo in un punto astratto su una carta geografica, la usiamo per mille impieghi diversi e costringiamo il suo spirito a nascondersi …“.
Ora, se non volete trasformare il luogo visitato in un punto astratto su una carta geografica, dovete farvi prendere dall’incantamento. Infatti, Fabio Clerici, in questo suo ultimo libro, conduce il lettore negli stupendi paesaggi, nei suoi “viaggi con la valigia”, in luoghi meravigliosi nei quali ritrovare quel misterioso sortilegio che s’impadronisce di noi al cospetto della natura e che, provocando un’atmosfera di fantasia, s’insedia nella nostra mente e la precipita in un vortice di rapimento: “Seduto oltre il vetro, / alle bianche barche il percepir / leggero l’ondeggiare, / tiepido il sole che riscalda / l’immaturo inverno…“.
Infatti, il viaggiatore s’innamora di un luogo, di un paesaggio, s’imbatte in una tumultuosa, risplendente cascata nella tranquillità e quiete di un giardino, di una foresta, di un luogo magico e, come accade spesso, cade vittima della malia, dell’incanto intricato e di quel fascino irresistibile …
La vita sarebbe ancor più monotona e piatta se non fosse costellata d’istanti durante i quali siamo sopraffatti dalla bellezza delle cose che ci circondano, dall’immaginazione e da quella curiosità amplificata da una particolare caratteristica della natura, da uno spirito o da una voce che parla dal profondo di una cosa animata e carica d’energia.
Ora, leggendo soprattutto le poesie della raccolta “Viaggi con la valigia”, i lettori scopriranno quel determinato panorama, quello stupendo paesaggio descritto e vedranno la luce e i colori di ciò che, al tempo, osservò l’autore.
La fantasia farà brillare i vostri occhi, sentirete e vi nutrirete della stessa energia del luogo visitato e declamato dal poeta. Sarete accarezzati dal movimento del vento, dallo sciabordio delle onde e gusterete il profumo di salsedine … Voi state osservando con stupore e quello che vedete non è solo quello percepito e descritto dall’autore, ma certamente state gustando e assaporando tante altre cose legate all’istante e al tempo che trascorre.
Tutte queste sensazioni l’autore le ha provate intensamente nei suoi viaggi, appunto con la valigia, e con il suo libro esplica quel desiderio di comunicarle agli altri sotto forma di versi incisivi e strutturati.
Nella sezione “Viaggi senza valigia”, il desiderio di andare oltre i limiti della condizione esistenziale è evidente e l’autore l’affida ad evocazioni di “fuggevoli emozioni, / di notturni silenzi, / abbracci e carezze” che gli permettono nell’umano turbamento ” di giungere alla meta”. Ma esiste una meta? Le mete, che ci proponiamo, a volte sono come le risposte: sono sempre provvisorie. Il poeta, “nel delirio dell’ignoto”, nei silenzi, negli spazi vuoti e in quei varchi nascosti, studia se stesso, scopre le contraddizioni, il senso ultimo della vita, il dolore, le paure, e certamente i ricordi dei suoi numerosi viaggi che gli procurano gioia e felicità.
Il poeta “percorre la confusa mente” e, “bucando la nebbia dell’anima”, approdare in quel mondo che incanta e stupisce, ma che conduce a una sofferta e umana solitudine esistenziale. La poesia diventa ricerca di equilibrio e di serenità e il ritmo, fortemente scandito nella brevità dei versi, diventa battito di un animo sensibile che non ha necessità di concettualizzare il pensiero, poiché il significato sta nella sincerità e trasparenza del suo dire in versi e in prosa: poesia molto fluida che, a tratti, diventa diaristica e, legata alle sensazioni, alle suggestioni paesaggistiche e memoriali di luoghi e paesi visitati: poesia che conduce il lettore a cogliere le intermittenze del cuore, quelle “corrispondenze” che lo portano a essere fruitore e coautore.
Magia della poesia che universalizza stati d’animo individuali, che suscita emozioni e suggestioni, affacciandosi sul mondo inesplorato di ciascuno; ne scaturisce un’opera di ampio respiro, scritta con impegno e cura e suscettibile nelle prossime puntate di sviluppi interessanti.
La lettura delle composizioni poetiche è sempre un fatto soggettivo. Tuttavia, i poeti sono ben consapevoli delle difficoltà cui vanno incontro quando, con carta e penna, si mettono sul sentiero dei versi: difficile arte il poetare, poiché un testo poetico deve saper conciliare l’equilibrio tra significato e significante, tra silenzio, suono e ritmo della parola e deve, altresì, trasmettere quella voglia di trasparenza e ambiguità che esplora, esalta e seda la solitudine creativa dell’artista.

A cura di Hugo Salvatore Esposito
Milano, maggio 2012